In occasione della Giornata Internazionale della Memoria dell’Olocausto
Enrico Carretta presenta SABRINA MODENINI ed ELEONORA LATTARICO (violino) in IL VIOLINO DI AUSCHWITZ
Un monologo in atto unico con musica dal vivo ispirato all’omonimo racconto di Anna Lavatelli, alla biografia di Eva Maria Levy e alla vicenda dell’Orchestra del Campo di Auschwitz.
Adattamento e regia di Andrea de Manincor
In lingua italiana, con sottotitoli in ungherese
Posti limitati. Prenotazione obbligatoria entro il 23 gennaio 2025 – iicbudapest@esteri.it
Un racconto di crudeltà e allo stesso tempo di riscatto, di perdita e di salvezza, di inferno e di libertà. Alla base del racconto di Anna Lavatelli c’è una storia vera e ci sono altre due suggestive narrazioni che l’hanno, a propria volta, ispirata. La storia reale di una famiglia, che da Verona si trasferisce a Torino, e da Torino, qualche anno dopo la promulgazione delle leggi razziali nel ’38 e dopo l’armistizio del ’43, aveva sperato di poter scampare alla bufera. La famiglia Levy è composta da padre, madre e due figli, Eva Maria ed Enzo, entrambi appassionati di musica, in particolar modo lei, la giovane e talentosa Eva Maria, che all’età di 16 anni riceve in dono uno splendido violino francese della famosa liuteria Collin-Mézin. Nella nostra versione per la scena saranno le cronache e sarà in parte il violino stesso a raccontare la storia di Eva Maria e della sua famiglia. Durante una retata i Levy, che si erano momentaneamente spostati a Villa Truffini, a Tradate, in attesa di emigrare verso la Svizzera, vengono catturati dalle truppe tedesche e messi su uno dei vagoni della morte che partivano da Milano, dal fatidico Binario 21 – tranne il padre, Edgardo, che troverà scampo grazie al capostazione di Tradate, che praticamente lo salverà da morte certa. Senza lasciare mai il proprio violino, Eva Maria sopravviverà almeno un anno nel campo di concentramento di Auschwitz, separata dal fratello, condotto in un altro campo – esattamente a Monowitz, un sottocampo dove i nazisti gestiscono una fabbrica di gomma – e dalla madre – subito destinata alla camera a gas. Sopravviverà suonando nell’Orchestra del campo – condotta peraltro da Alma Rose, nipote di G. Mahler – ma poi, costretta ad un più crudele destino, si toglierà lei stessa la vita, pare, all’interno di Auschwitz; una volta liberato, il fratello Enzo riuscirà miracolosamente a recuperare il violino della sorella, ma lui stesso, alcuni anni dopo, non avrà migliore fortuna. Il violino inizia una peregrinazione per antiquari, finché a recuperarlo definitivamente – e a salvarne la storia misteriosamente contenuta in un cartiglio contenuto nella cassa armonica – sarà il collezionista torinese Carlo Alberto Carutti, che ne custodirà la vicenda dal momento del suo ritrovamento, nel 2014.
Lo spettacolo dunque, in forma di monologo, si concentrerà sulla storia della famiglia Levy: vicenda, se vogliamo, anche poetica di una passione per la musica che va al di là di ogni filo spinato; ma sarà anche l’occasione per ricordare la storia di un’intera orchestra che doveva sottostare agli ordini crudeli e senza umanità di gerarchi invasati da un credo di morte e flagello, composta da musicisti che seppero trovare, in quella specie di limbo parzialmente protetto, uno straccio di vita all’inferno. La musica eseguita si ispira al cartiglio ritrovato, a un canone accompagnato dalla frase “Der Musik Macht Frei”, e a pezzi che vennero eseguiti, con tutta probabilità, dalla stessa Eva Maria, come “Il cigno” di Saint-Saëns.